Il lievito madre

Friscous® ha nei suoi ingredienti il lievito madre, esso rappresenta il risultato di una ricerca sulle antiche tecniche di lievitazione avviata circa 3 anni fa dalla nostra azienda insieme ad esperti maestri fornai della zona di Ruffano, nel Salento. Elemento capace di dare al prodotto un ricco bouquet di fragranze che associato alla curcuma rendono il Friscous® unico e salutare.
Ma cosa si intende per Lievito madre?
Il lievito madre o pasta acida è un impasto costituito da una miscela di acqua e farina di cereali di diverso tipo (grano tenero, grano duro, segale e orzo i più comuni) lasciata lievitare spontaneamente o avviata per addizione di una porzione di impasto maturo derivante da una precedente lavorazione.
La pasta acida ha rappresentato per secoli lo starter utilizzato nei processi di panificazione, senza che per lungo tempo fossero note la presenza e il ruolo svolto dai microrganismi. Studi scientifici hanno, successivamente, dimostrato che si tratta di un ecosistema complesso formato sia da lieviti che da batteri lattici omo ed etero fermentanti.
Origini
La leggenda fa risalire la nascita del lievito madre al secondo millennio a.C., quando in Egitto, a causa di un’esondazione del Nilo, i granai furono invasi dalle acque. L’impasto che ne risultò, grazie anche ad una umidità ottimale, acquisì un volume e una sofficità mai notata in precedenza.

In maniera del tutto casuale, venne prodotto per la prima volta nella storia il lievito madre. Si creò, cioè, una popolazione spontanea e variegata di microrganismi (batteri lattici e saccaromiceti) capaci di fermentare gli zuccheri della farina. Dopo quell’evento si lasciò contaminare spontaneamente l’impasto all’aria e solo successivamente si cominciò a tenere da parte una porzione di impasto per avviare la fermentazione in quello successivo.
Il lievito madre è stato utilizzato fino agli inizi del XX° secolo, quando l’avvento del lievito di birra, ottenuto coltivando a livello industriale in condizioni strettamente controllate ceppi selezionati di Saccharomyces cerevisiae, ne ha determinato il progressivo abbandono.
A differenza del lievito di birra che, ricordiamo, contiene unicamente il Saccharomyces cerevisiae, il lievito madre comprende, tra i lieviti, diverse specie di Saccharomyces (principalmente exiguus e cerevisiae ma anche ellipsoideus) e Candida, e tra i batteri lattici specie eterofermentanti ed omofermentanti del genere Lactobacillus (brevis, sanfranciscensis, casei, plantarum, acidophilus etc.) e dei generi Leuconostoc Pediococcus e Weissella.
Composizione
Il lievito madre, in sostanza, è il prodotto dell’unione dell’acqua con la farina e l’aggiunta di altri elementi che producono microrganismi, come ad esempio l’aria, la birra, le patate, l’uva, il vino, lo yogurt.
L’amido contenuto nella farina assorbendo l’acqua, attiva degli enzimi che con un’azione metabolizzante trasformano e scindono l’amido in molecole di glucosio che, a loro volta, attirano i microrganismi.
Questi lieviti assimilando il glucosio, producono anidride carbonica, responsabile della lievitazione e dell’alveolatura della parte morbida del pane.
Una volta esauritosi l’ossigeno all’interno dell’impasto, incorporato anche grazie all’azione meccanica dell’impastamento, i lieviti cessano la loro attività e iniziano ad operare i batteri lattici che, agendo in assenza d’ossigeno, danno luogo alla fase della fermentazione anaerobica, durante la quale si produce acido lattico e altri elementi.
L’acido lattico ha sopratutto il compito di sanificare l’ambiente grazie all’aumento dell’acidità capace di eliminare i batteri patogeni.
Affinché all’interno della pasta acida non venga meno la colonia dei lieviti è importante procedere con i rinfreschi, aggiungendo, cioè, farina e acqua a determinati intervalli temporali. In questo modo si rafforza la pasta madre.
Situazione in Italia
Nel nostro Paese sono tanti i prodotti che ancora utilizzano il lievito madre nella fase di produzione, si tratta perlopiù di dolci lievitati con l’impasto acido tipici delle festività tradizionali religiose. Il Panettone a Milano e il Pandoro a Verona vengono preparati per le festività natalizie, mentre la Colomba è una torta milanese venduta per la Pasqua.
Altri prodotti locali sono la Bisciola in Valtellina, il biscotto Legaccio a Genova, la Focaccia Dolce nella regione Veneziana che viene chiamata Veneziana in Lombardia. I pani di grano duro diffusi soprattutto nel Sud e Centro Italia, tra questi il più conosciuto è il Pane di Altamura, che ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP), la Spianata di Ozieri, il Moddizzosu o il Civraxiu prodotti tipici sardi.

C’è da sottolineare che in Italia persiste una certa ambiguità legislativa che tende a classificare come lieviti naturali sia i lieviti selezionati dall’industria, come il lievito di birra, e sia ciò che è il frutto di fermentazione spontanea della farina (lievito madre).
Due tipologie di lieviti che in altri Paesi vengono tenute ben distinte attraverso l’utilizzo di termini diversi che servono per identificarli. In inglese si utilizza il termine yeast per il lievito di birra industriale e sour dough per il lievito madre; in francese abbiamo levure e leven; in tedesco hefe e saurteig.
Da noi la confusione è in parte dovuta al decreto legislativo 502 del 30 novembre 1998, che all’articolo 8 definisce il lievito naturale come ciò che è composto da “cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75% e con ceneri non superiori all’8%” senza dare ulteriori specificazioni. Come si può notare in questa definizione ricade qualsiasi prodotto sia in grado di far fermentare un impasto, sia esso composto da un unico ceppo di organismi selezionali o da diversi microrganismi che spontaneamente contaminano la farina.
A causa di questa legislazione molti produttori, pur utilizzando lieviti industriali, continuano in maniera equivoca a fare riferimento a qualcosa che di naturale ha poco o nulla.
Questo rappresenta, senz’altro, un danno per i consumatori sempre più interessati a prodotti più naturali, più sani e organoletticamente più ricchi, e di conseguenza per quelle piccole realtà artigianali, come la nostra, che faticosamente utilizzano il lievito madre sforzandosi di recuperare, investendo nella ricerca, un’antica tradizione legata indissolubilmente al territorio.
A. Vincenti
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